È uscita la prima Guida di Sopravvivenza per Illustratori: l’intervista agli autori Ivan Canu e Giacomo Benelli

da | 9/05/2019 | Illustrazione

È possibile sopravvivere al mondo dell’illustrazione senza farsi troppo male? La risposta è sì, ma è bene osservare alcune regole. Giacomo Benelli e Ivan Canu, direttori della scuola per illustratori Mimaster di Milano, le hanno raccolte all’interno della “Illustrators Survival Guide“, edita da Corraini e realizzata in collaborazione con Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.
La Guida raccoglie consigli preziosi su come relazionarsi con gli editori, come costruire un buon portfolio, come districarsi agilmente tra fiere e scuole di illustrazione. Tenendo ben presente che sbagliare, specialmente agli inizi, non solo è umano ma anche propedeutico. Approfondiamo insieme agli autori cos’è, come è nata e come si è evoluta nel tempo fino ad approdare sugli scaffali delle librerie.

Bentornati su Picame. Ho appena finito di leggere il vostro libro, di fresca pubblicazione. Ricordo che nel 2014, quando venni con voi alla Bologna Children Book Fair, la Guida era un pieghevole di 5 pagine. Come si è evoluta in un progetto editoriale vero e proprio?

Ivan – Dopo aver realizzato la prima Survival Guide nel 2013 per i 50 anni della Bologna Children’s Book Fair, una mappa illustrata su come orientarsi nella fiera più desiderata dagli illustratori nel mondo, e la seconda due anni dopo, con l’idea di raccontare un po’ il mestiere dell’illustrazione senza prenderlo troppo sul serio, sono arrivate anche la Survival Exhibition (che ha inaugurato il Laboratorio Formentini per l’editoria di Milano) nel 2015 e il Survival Calendar nel 2018, tutti progetti disegnati da Andrea Bozzo per Mimaster. Nel frattempo, dal 2017, è nato l’Illustrators Survival Corner alla BCBF, uno spazio che in 3 anni è cresciuto perfino oltre le attese, superando i 6000 visitatori. Da questa ultima esperienza si origina il libretto, primo di una serie dedicata ai mestieri dell’editoria raccontati con spirito leggero e sempre con l’idea del vademecum di sopravvivenza. In questa operazione siamo partner della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (con il sostegno di Fondazione Cariplo). La guida è edita da Corraini, con la collaborazione grafica di Daniele Morganti (uno degli alumni Mimaster).

Giacomo – Il successo della prima versione della Guida è stato travolgente. Ne sono seguiti altri due numeri sempre come omaggio per gli illustratori alla Bologna Children’s Book Fair. Il 2019 è il decennale Mimaster, era tempo di preparare un pranzo più sostanzioso per gli illustratori, o forse una merenda.


A sinistra: “The Mimaster Illustrated Survival Guide”, 2015

La Guida non insegna come diventare illustratori (per quello ci sono scuole specializzate ampiamente elencate nel libro) ma fornisce una serie di preziosi consigli su come muoversi nel mondo dell’editoria. Per un illustratore quando conta il talento e quanto invece il sapersi destreggiare con gli altri aspetti del mestiere, a partire dalle relazioni?

Ivan – Neanche le scuole insegnano propriamente come diventare illustratori, più concretamente possono definire un orizzonte più o meno ampio su cosa possa essere il mestiere dell’illustrazione, come lo si costruisce a partire dalla nozione stessa di “mestiere”, diversa dall’approccio culturale o estetico. Il talento non è definibile, possono essere la romantica “mano felice”, la facilità di disegno e l’abilità tecnica, ma anche la cultura dell’immagine e dell’immaginario connesse, l’intuizione espressiva e la capacità di muoversi attraverso più linguaggi. Diversi talenti, quindi, che vanno oltre la pura capacità di disegnare. E questa per noi è una base di lavoro, una premessa articolata, cui consegue imparare a gestire il mestiere (come qualsiasi altro mestiere): illustrare è un lavoro di relazione, non un’isola creativa felice che tenga a distanza il rumore intorno. Chi decide di fare dell’illustrazione un mestiere e non un hobby estemporaneo, entra a contatto con scrittori, editor, editori, traduttori, grafici, agenti, librai, stampatori e diverse figure di mediatori editoriali. Talento e creatività, che fanno la differenza quando si viene scelti nel più ampio panorama di offerta possibile, nell’insieme sono una parte, da unire a capacità di relazione, tenuta nervosa e mentalità prospettica, carattere conciliante e aperto, duttilità, senso dei tempi e del rispetto del lavoro (nostro e altrui), delle scadenze. Uniamoci anche una forte capacità di astrazione, sia relativizzando il nostro ruolo all’interno di un più complesso meccanismo (molto valido se si lavora in editoria), sia entrando in empatia con i committenti. La consapevolezza di sé, del proprio valore aggiunto (creativo), comporta un altrettanto compiuto senso della realtà. Quello che un linguaggio desueto chiama: umiltà.

Giacomo – Io non sono illustratore ma in questi anni ho conosciuto i più grandi autori del mondo: tutta gente che sa stare al mondo, per l’appunto. Il disincanto è forse la cifra più comune che ho scovato in loro, o meglio, una capacità di mettere sempre in prospettiva quello che sono e che fanno, saper sempre tenere a mente che la salienza della loro arte nel mondo sta più dalla parte dell’intrattenimento di raffinata qualità che nel fare la storia universale dei segni e dei popoli.

Secondo la vostra esperienza di docenti Mimaster quali sono gli errori più comuni commessi dagli illustratori?

Ivan – Secondo Quentin Crisp la moda è quel che segui quando non sai chi sei. L’illustrazione è comunicare per immagini: se mostra il già visto, magari se la cava per un po’, perché è facile ottenere consenso quando si dà al pubblico quello che si aspetta. Più difficile è crearsi un linguaggio che cerchi di offrire quello che ancora il pubblico non sa di volere.

Giacomo – Di recente siamo stati alla fiera del libro di Shanghai e abbiamo incontrato giovani illustratori, malgrado la distanza c’è uno schema di dubbi che sempre si ripete. Spesso al centro dello schema c’è un capovolgimento della questione: ci si preoccupa molto dello stile senza avere ancora un segno, o meglio un set compiuto di “lettere visive” in grado di esprimere la realtà, la modalità di realizzazione, la forma, il medium, è poi un fatto accidentale che riguarda il gusto, la destinazione d’uso, il cambiare degli interessi. E poi dilaga una mania, una febbre collettiva e perniciosa: le mostre, ovunque, di chiunque, ecco mi piacerebbe rispolverare un nostro vecchio adagio: prima dimostrare dopo mostrare.

Io sono un designer ma trovo che molti dei consigli contenuti nella Guida si adattino perfettamente anche al mio lavoro. Ad esempio quelli relativi alla fase di contrattazione, che è tra le più complesse e delicate, oltre che cruciale.

Ivan – Sempre nella comune considerazione che ogni mestiere in qualunque paese si somiglia, nelle regole fondamentali del mercato, quello dell’illustrazione è pure più facile di altri quanto a fiscalità (la notula sulla cessione dei diritti è più difficile a dirsi che a farsi), mentre si complica la conoscenza del diritto d’autore e della sua regolamentazione, soprattutto perché l’Italia come sempre si picca di fare eccezione. Da noi, si deve essere creativi anche nella formulazione dei contratti e nella regolamentazione, inventato ogni ufficio diritti una formula, articoli, specifiche, eccezioni. Fatta la tara a questa “originalità” nostrana, un bel corso sul diritto d’autore, magari tenuto da specialisti (avvocati), non è poi troppo difficile da trovare anche sul web. Al Mimaster ne facciamo uno specifico per i corsisti e di contratti e pagamenti e fiscalità si parla molto e molto spesso nel corso del master.

Giacomo – La contrattazione è una forma erotica del denaro, un atto sublime e relazionale, stimola l’appetito e sobilla l’avarizia, è un gran teatro di passioni umanissime e trasversali. Molte parti di questo libro funzionano per chiunque si occupi da libero professionista di creatività, le regole non cambiano, le relazioni restano sempre pericolose.

In un passaggio del libro Giacomo parla di autocritica e del riuscire a mantenere un certo distacco verso le proprie idee, perchè “una cotta annulla ogni capacità di vedere l’altro per ciò che è veramente”. Però è anche vero che in certi casi bisogna difenderle queste idee e credere in noi stessi e nella nostra professionalità. Come si trova il giusto equilibrio?

Ivan – Nell’ambito giudico, la difesa è affidata a professionisti terzi, pagati a parcella, perché siano tanto più efficaci quanto più distaccati dalla materia, pur parendo i più personalmente e intimamente coinvolti nella faccenda. Ecco, questo per me è l’equilibrio, valido anche per l’artista che lascia parlare la sua professionalità prima della vanità. Spesso c’è un fraintendimento su questo punto: non è che la richiesta di un art director o di un editore di modificare la nostra proposta in una direzione a noi non consona o familiare sia una violenza perpetrata da ottusi senza gusto e anima. Magari siamo noi iper-sensibili e quel punto di isteria andrebbe pacificato prima che con una risposta irritata e irritante, con una sana passeggiata.

Giacomo – Quando un’immagine funziona non c’è niente da difendere, è la coerenza del progetto visivo che esprime la sua forza e la nostra professionalità, e se non piace non resta che farsene una ragione. L’equilibrio, di nuovo, si trova nella relazione: non aver timore nel chiedere approfonditamente quello che il cliente desidera da noi e instaurare un rapporto dialogante per cui i termini della questione passino dal binomio pugilistico difendere/attaccare a un pacifico collaborare. Caso estremo: non si può chiedere a un melo di produrre limoni, se il cliente vuole da noi quello che non possiamo dargli ha sbagliato la sua scelta, capita, stare in una relazione significa anche saper rompere, con garbo, s’intende.

La guida nasce inizialmente per orientarsi nell’ambiente della Fiera di Bologna. Oggi per un illustratore è ancora importante presenziare a questo genere di appuntamenti?

Ivan – Le fiere sono vetrine: la BCBF è unica nel panorama internazionale, perché dedicata solo ai professionisti del settore e non anche al pubblico. Il che fa sì che anche gli illustratori ne siano parte integrante – cosa che fra l’altro è stata la ragione del successo del Survival Corner e della Guida, presentati in quel contesto. Ma ci sono molte fiere internazionali che raccontano non solo lo stato dell’editoria ma anche il suo potenziale e sono indici del divenire: la Buchmesse di Francoforte, fra tutte. L’equivoco fra gli illustratori è pensare che in una fiera si facciano colloqui risolutivi della propria carriera, come se ci fosse il colpo di fulmine e gli editori non aspettino altro che il nostro geniale portfolio. Le fiere sono invece utilissime per guardare, informarsi, capire cosa l’editoria sta presentando, quali siano le realtà internazionali nuove o le più dinamiche, chi siano gli autori interessanti. E soprattutto sono una messe insostituibile di contatti: se ancora a qualcosa servono i biglietti da visita, è per raccogliere i contatti diretti di quanti, poi, con calma da casa, andranno a costituire il nostro indirizzario professionale per le email dei mesi successivi.

Giacomo – Sì, è importante ma non per quello che si potrebbe pensare a prima vista. Raccomando sempre ai corsisti Mimaster di evitare di presentare progetti agli editori in fiera, ma poi mi arrendo alla loro pulsione sadomasochistica di mettersi sulla graticola e li lascio fare. La fiera è un momento privilegiato di acculturazione editoriale per l’illustratore, servono solo un taccuino e una matita per passare in rassegna gli espositori e farsi un’idea ben precisa delle direzioni del mercato e quali davvero siano i clienti con cui ci piacerebbe lavorare. Chiarisco il punto: non si tratta solo di un piacere estetico, dal punto di vista professionale l’editore con cui vorremmo lavorare è quello per il quale l’illustratore può essere un nuovo fiore del suo mazzo, in accordo a tutti gli altri vegetali ma diverso da ciascuno. Infine la fiera è il momento – finalmente – per guardarsi davvero negli occhi tra colleghi e amici e riscoprire quell’antica sensazione di stringersi la mano.

I social media hanno rivoluzionato tutto. Quali sono le competenze che l’illustratore editoriale deve possedere per sfruttarne il potenziale senza lasciarsi fagocitare?

Ivan – Di buono i social hanno creato spazi di confronto interdisciplinari, interculturali e internazionali senza alcuno sforzo (anche economico), se non quello di usare il buon senso. Riprendiamo l’idea che questa sia una relazione fra parti, quindi il comportarsi sociale si possa riflettere su quello social. Una parte di errore è statistica, il resto è testardaggine. L’illustrazione dà il suo meglio su Instagram per la comunicazione immediata, quotidiana, e su Pinterest per la sua capacità più enciclopedica, tematica, di raccoglitore e assai migliore fonte di riferimenti iconografici che non il troppo generico Google. Quel che di mio apprezzo meno sui social, è la sindrome da anticipazione: tutti che vogliono aggirare la fisiologica tempistica editoriale e postano bozze o dettagli di lavori che vedranno la stampa mesi dopo. Come se questo creasse l’attesa messianica, invece che l’ennesima diarrea dell’ego.

Giacomo – Le librerie sono piene di manuali sul social media management dove trovare cose molto più utili di quelle che posso dire io. E credo che farsi fagocitare sia inevitabile, anzi sia la premessa per essere accolti nel calderone infernale dei social: nei suo ritmi, costumi e abusi. Le cose non sono molto cambiate dal III secolo a.C.  quando Aristotele diceva “per convincere qualcuno di qualcosa non devi far altro che scoprire la sua specifica e personale idea di felicità” la domanda è dunque netta: ci lasciamo tentare dal like facile degli amici o da quello meno copioso ma più significativo degli addetti ai lavori? Insomma quale felicità ci interessa veramente?

La Guida si chiude con un divertente fumetto di Lorenza Natarella sulle “deadlines” che allenta un po’ la tensione pur ricordando che alla fine il mestiere dell’illustratore, come tutti i mestieri creativi, è fatto di lacrime, sudore e sangue. Esistono tante strade per far le cose bene – e altrettante per farle male – ma nessuna scorciatoia.

Ivan – Esistono meno strade per far bene le cose che per farle male. Ecco perché anche nell’illustrazione esistono più cose inutili che opere di genio. Io diffido sempre dall’utilizzo della parola “geniale” applicata a un’immagine, perché ho in mente che di geni una nazione ne produce – ad andar bene – uno per secolo. Il resto è cuore di mamma.

Giacomo – Non avrei saputo dir meglio! Le scorciatoie, sopratutto all’inizio di una carriera, non portano mai lontano. Per fortuna, col passare del tempo, subentra quello che in teatro si chiama “il mestiere”, un abito professionale fatto di esperienza e automatismi che aiuta a ottimizzare tempi e produzione, per non uscire dalla scena un attore ha davvero mestiere quando conosce così bene la sua parte da potersi concedere il lusso di dimenticarsela.

Dove si può comprare la Guida?
In libreria e sul sito di Corraini Edizioni.

Cosa verrà dopo “The Illustrators Survival Guide”?
Siamo ancora nella fase del “durante”. La Guida partirà in viaggio insieme a noi sicuramente a Novembre di nuovo a Shanghai per la fiera del libro ma ancora prima sarà al Salone Internazionale del Libro di Torino, domenica 12 Maggio alle ore 15.30 sala El Dorado per una presentazione sabauda, almeno nelle intenzioni.

Designer e art director, è fondatore e direttore di Picame dal 2008 e co-fondatore di fargostudio.com, agenzia specializzata in design e comunicazione.

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