Il Mio Barocco e le astrazioni computerizzate di Matteo Mauro

da | 3/12/2018 | Arte

Matteo Mauro, artista siciliano trapiantato a Londra, aggiunge un nuovo tassello al suo progetto Micromegalic Inscription (ne abbiamo parlato qui). Si tratta di Il Mio Barocco, la sua personale reinterpretazione dello stile barocco, che partendo dai grandi classici innesca un dialogo tra analogico e digitale il cui risultato sono suggestive incisioni su alluminio.

L’astrazione è la chiave di lettura di un lavoro che Matteo porta avanti da diversi anni, un percorso artistico sempre in evoluzione e legato a doppio filo con la sperimentazione e la ricerca. I grandi classici rappresentano la materia grezza che l’artista plasma e proietta nell’epoca del digitale. Per “Il Mio Barocco” Matteo ha scelto l’opera settecentesca Trionfo dell’Immacolata di Paolo de Matteis, con i suoi colori sospesi tra il mondano e il divino. Gli ho chiesto di parlarcene in maniera più approfondita.

Ciao Matteo, bentornato su Picame. Durante la nostra ultima chiacchierata abbiamo introdotto il concetto di arte generativa, vuoi raccontarci in maniera più approfondita di cosa si tratta?
Non esistendo ancora una definizione condivisa di Arte Generativa, questa viene spesso definita come un processo morfogenetico che utilizza algoritmi non lineari per creare infiniti risultati unici (opere d’arte) eseguito tramite un mezzo (codice-idea). Esattamente come la natura crea. Quindi la ricerca si sposta dalla creazione dell’opera d’arte alla formulazione di una macchina capace di creare l’opera d’arte.

Come nasce un’opera di Matteo Mauro?
Avendo ormai pieno controllo della macchina che ho sviluppato ed accordato in base alle mie necessità d’artista, una mia opera nasce da un processo che unisce l’aspetto computazionale sopracitato ad una fase irrazionale analogica che traduce sensazioni e nozioni in forma di colori e forme su tela. Quest’ultime vengono poi riscritte dallo spettro digitale.

Una provocazione: si può considerare arte un’opera che nasce da un processo computerizzato?
Lo stesso dibattito era in voga quando nel sedicesimo secolo gli incisori utilizzarono le prime presse e burini per creare arte. Per quanto riguarda il movimento computational contemporaneo, è da sottolineare che vi è un inevitabile interdipendenza tra la macchina e l’uomo, che mira all’equilibrio tra controllo e creatività. L’artista è ancora responsabile della pianificazione concettuale e tecnica del lavoro e solo la conversione del codice viene effettuata dal digitale. Inoltre, la macchina è incapace di giudicare esteticamente il risultato né di regolarsi o correggersi autonomamente.

Come mai hai scelto i classici come oggetto di studio e sperimentazione della tua arte?
Perchè tra i classici mi sono formato. Perchè nei classici ho trovato un campo fertile e tanta ricerca sullo splendore da far rinascere e proseguire.

Parliamo di “Il mio Barocco”, nuovo capitolo del progetto Micromegalic Inscriptions, che fa parte della Collezione Permanente del MacS di Catania.
Il titolo dichiara apertamente le mie intenzioni: riappropriarmi di un pezzo fondamentale non solo della storia dell’arte, ma della mia storia personale. Vorrei far riemergere le onde barocche che mi hanno sommerso durante mia crescita prima dell’emigrazione.

A cosa lavorerai nei prossimi mesi?
Nei prossimi mesi sarò concentrato sul compimento delle mie mostre personali che avranno luogo in Italia, Cina e Libano nel corso del 2019. Si prospettano mesi felici. Di amore e di arte.

Matteo Mauro

Designer e art director, è fondatore e direttore di Picame dal 2008 e co-fondatore di fargostudio.com, agenzia specializzata in design e comunicazione.

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