Illustrazioni che uniscono pittura, collage e digitale: intervista a Marina De Santis

Le illustrazioni di Marina De Santis uniscono la sensazione tattile della texture della carta, che emerge dalla trasparenza dei colori, alla freschezza delle pennellate rapide e sicure, nate dall’urgenza di voler fissare l’emozione del momento.

Le composizioni di Marina sono elaborati collage di carte dipinte che mettono in evidenza la vivacità e la sensibilità istintiva del suo stile. Il tutto ottenuto mixando tecniche manuali ed elaborazione digitale. La voglia di sperimentare e la ricerca di nuove forme espressive fanno parte del suo modo di muoversi nel mondo dell’illustrazione. Scopriamo qualcosa di più su di lei.

Ciao, Marina. Iniziamo con una breve introduzione per i nostri lettori: chi sei, da dove vieni e che cosa fai.
Sono Marina De Santis, illustratrice, classe 1987. Dopo due anni vissuti a Londra sono tornata nell’agrodolce luogo di nascita, un paesino fra mare e campagna vicino Palermo, dove convivo col mio ragazzo. Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Palermo, specializzandomi in Scenografia, per poi andare a Milano dove ho studiato Illustrazione allo IED. Per me l’illustrazione è un modo di praticare tecnica e creatività senza le ansie dell’ambizione “artistica”. Un “mestiere”, insomma, che asseconda un’esigenza pratica e che si muove su precisi binari. La questione del “limite”, infatti, è qualcosa che finora ha caratterizzato il mio percorso di ricerca, sperimentazione e continua prova. Nel singolo lavoro avere dei limiti mi dà conforto e serenità, mi sono presto accorta che tali limiti erano liberatori; nel complesso invece certi limiti mi stanno stretti e continuano a mortificarmi. Per esempio finora mi è sempre risultato difficile occuparmi di un solo settore in un solo modo, fare sempre le stesse cose con lo stesso stile. Con notevole impegno e fatica, infatti, sto cercando di portare avanti una mia particolare idea di “versatilità”. Come illustratrice ho fatto un po’ di tutto: illustrazioni per libri per ragazzi, progettazione di carte per origami, animazioni per proiezioni scenografiche, copertine di libri e album musicali. Per il resto, anche nella vita quotidiana, ho il vizio di voler mettere le mani dappertutto: cucinare, cucire, tagliare i capelli… Tornando all’illustrazione, al momento sono riuscita a liberarmi dall’idea di dover per forza produrre idee visive strabilianti, per concentrarmi di più sulla pittura, sul gesto e sulla disciplina, cioè sull’importanza del lavoro pratico-manuale costante, ispirato e organizzato.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Principalmente quello che vivo. Sentirlo profondamente utilizzando tutti i recettori fisici per farlo arrivare in profondità. Poi usare il ricordo, manipolarlo deliberatamente e trasformarlo in quello che voglio. Poi il cinema. Quello lento, pieno di spazi, senza giudizi. Come “I giorni del cielo” di Terrence Malick. O i libri, come l’Odissea, che leggo a voce (non alta) e che mi culla come se avessi cinque anni. E in generale i racconti dove ci si perde, l’avventura, il mare.

Quale tecnica utilizzi?
Dipende dai periodi. Al momento mi piace molto lavorare la carta dipingendola a mano, per poi usarla per il collage. I miei lavori infatti sono un mix di collage, pittura e manipolazione digitale.

Tre artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori.
Te ne dico tre che al momento mi interessano particolarmente e che rispondono a bisogni per me fondamentali:
– sognare: Jean Mallard
– giocare: Pietro Antolini
– essere ironici: Saul Steinberg

Cosa c’è sulla tua scrivania?
La mia scrivania è come una valle fra le montagne. È quasi vuota e circondata da scaffali e mensole dove tengo tutto il resto: colori, pennelli, strumenti e scatole di scarpe dove raccolgo i ritagli di carta dipinta. Devo trovare una sistemazione per il computer che credo farò scendere e salire dal tetto in sospensione.

Un obiettivo lavorativo che vorresti realizzare entro un anno.
Realizzare un’animazione.

Cosa hai imparato dall’esperienza di lockdown?
Non so se ho imparato qualcosa ma ho osservato che quando siamo investiti dal caos (l’incertezza per il futuro, la valanga di informazioni e notizie discordanti) reagiamo con una violenta esigenza di ordine e dimentichiamo di ragionare. Il mondo è spaventoso e la maggior parte di noi è lontana anni luce dal poterne capire i meccanismi. E violentemente si manifesta il bisogno di crearsi delle certezze invece di accettare la complessità delle cose. Credo sia una naturale esigenza umana. Non so bene cosa pensare, ma so che ci vogliono molte energie per affrontare tutto questo.

Art director e web designer, diplomato in scenografia con esperienze di teatro, fumetto, animazione, illustrazione e scultura. Scrive per Picame dal 2015.

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